martedì 22 luglio 2014

A chi spetta fare le cose

Io di mio non ho una grande passione per la scelta (o la pratica) del settore pubblico di affidare a volontari lo svolgimento di attività che al settore pubblico competono.
Tuttavia è bene fare dei distinguo.
Ne farei tre.
Il primo è che la gestione di molte attività del welfare, specie quelle capillari o di cura, non funziona bene con modalità, regole e meccanismi che non coinvolgano gli utenti, le famiglie degli utenti, i cittadini. Esagerando, tenderei a dire che quasi ogni progetto ha molto da guadagnare da un ruolo attivo delle persone coinvolte e in alcuni casi ha assoluto bisogno di quello che si chiama empowerment dei soggetti coinvolti.
Il secondo è che per realizzare progetti di lungo periodo e dare sostanza a una visione condivisa il cosiddetto capitale sociale è un elemento fondamentale; basta pensare al ruolo che ha nella salute pubblica una associazione come l'AVIS costruita sulla base del volontariato puro e che molte più di altre associazioni ha saputo star fuori dalla politica.
Il terzo è che quella che è stata chiamata la "crisi fiscale dello Stato" renderà molto difficile anche in futuro anche in una fase (improbabile) di ripresa economica, mantenere i livelli di spesa pubblica necessari ad assicurare oltre ai servizi indispensabili (che - per diverse ragioni - saranno sempre più costosi), anche altri servizi, importanti per la vita sociale e per lo sviluppo sociale ed economico.

Queste riflessioni per dire che il fatto che alcuni servizi debbano essere garantiti dal settore pubblico, diciamo per capirci dalla Repubblica ("La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato") non implica necessariamente che la Repubblica non possa o non debba coinvolgere direttamente cittadini e popolazioni nella loro ideazione, gestione o controllo.
Certo è che in molti casi è necessaria una presenza diretta, ad esempio nella scuola ("La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi"), a volte anche totale (penso alle funzioni di polizia, per cui il volontariato è del tutto non auspicabile), ma in altri le funzioni di indirizzo o di controllo possono bastare e un ruolo rilevante può essere assunto dalle attività di volontariato e non-profit e a volte - come è ragionevole - anche dal mercato.
Faccio due esempi per capirci.
Tenere pulite le strade, le piazze, le spiagge, i giardini, le aiuole, ... è costoso; farlo per un Comune con una grande estensione geografica è ancora più costoso; farlo per un Comune che ha una popolazione "a fisarmonica", che in alcune zone e in alcuni periodi dell'anno cresce in modo enorme, è ancora (molto) più costoso: senza la collaborazione delle persone che vivono, si divertono e lavorano in un luogo tenere pulito è ancora (e molto, molto) più costoso. Come si ottiene la collaborazione delle persone? Con l'informazione in primo luogo, fatta bene, dove e come serve, in una lingua che ciascuno di loro capisca. Con l'educazione in secondo luogo. Con inventivi in terzo luogo. E poi con sanzioni. E poi facendo in modo che i concessionari di spazi pubblici si facciano carico di una quota delle attività di pulizia. Ma anche stimolando e favorendo l'auto-organizzazione delle persone volonterose, per segnalare problemi, per suggerire soluzioni, ma anche per prendersi cura di spazi. Per tutte queste ragioni e perché sarebbe opportuno avere degli operatori motivati e fedeli, in linea di massima non sarebbe inopportuno che i Comuni gestissero direttamente la raccolta dei rifiuti; in subordine, una delle qualità della ditta che ha l'incarico dovrebbe essere quella di capacità di relazione e comunicazione, sperimentate.
Un altro tema, meno appassionante, riguarda un intervento rilevante relativo alle politiche del lavoro; c'è una concreta possibilità che si realizzi ad Alghero, grazie alla collaborazione tra Comune e Università, uno spazio che serva ad aiutare l'avvio e il decollo di nuove imprese innovative, un incubatore di imprese, costruito sulla base del modello del coworking, con un nucleo centrato su un fab-lab, a valere sui fondi del progetto Innovare . Detta papale papale un progetto simile, se pure ha bisogno di un innesco pubblico (direi che non ne può fare a meno), può funzionare solo se è gestito e sviluppato dai soggetti coinvolti: imprese, professionisti, studenti, associazioni; può funzionare solo se mantiene la sua doppia funzione economica e sociale e sa costruire uno spazio pubblico e aperto.

Non va bene la supplenza per un settore pubblico che abdichi ai suoi compiti; al contrario serve un pubblico più forte e capace di visione, ma meno intrusivo e più decentrato. Quello che di buono c'era nel socialismo municipale di Prampolini, ripensato nell'era di Internet e con molto spirito libertario (anarchico).