sabato 11 novembre 2017

Vintage --- Sacchi a pelo all'ombra delle colonne

Pubblicato nel 1987 sul giornale di Venezia Il Gazzettino.
L'Assessore (al turismo) citato era l'Avvocato Augusto Salvadori in una Giunta di centro sinistra il cui Sindaco era il socialista Nereo Laroni (Salvadori sarà poi Assessore alla Tutela del Decoro della città nella Giunta Cacciari 3 - 2005-2010). 
Il Ministro "più intelligente della Repubblica" (e forse era vero) è Gianni De Michelis, all'epoca Ministro del lavoro.
VAGUE è un gioco di simulazione; l'acronimo  sta per Venice: an Ancient Game of Urban Evolution; sviluppato poi in Nouvelle VAGUE e in newWave).
L'articolo fa riferimento a una polemica relativa ai giovani in sacco a pelo che dormivano all'aperto sulle gradinate (soprattutto alla Stazione Santa Lucia). 
Con lo slogan "uno, nessuno e centomila (abitanti) mi sono candidato (e sono stato eletto) alle elezioni comunali del 1990 nella lista del PCI-Il Ponte guidata da Massimo Cacciari.



Sacchi a pelo all’ombra delle colonne

Da alcuni anni stiamo lavorando, alla Facolta di Architettura, ad un gioco sul futuro di Venezia (si chiama VAGUE, acronimo allusivo, e "gira" su M24 Olivetti).

Tra gli eventi che avevamo inserito come possibili esiti dello "mosse" di gioco, uno si è rivelato profetico interprete di un grottesco avvenimento del luglio veneziano.

Si intitolava "sacchi a pelo all'ombra delle colonne" e prevedeva la realizzazione, a costi modestissimi per l'opulenta serenissima repubblica dei bottegai, di strutture ricettive per il turismo giovanile (tettoie, bagni, spazi nelle isole minori, battelli). Era un evento con basse probabilità iniziali di realizzazione che quasi sempre le varie fasi di gioco portavano a non avverarsi; con qualche stupore dei nostri giocatori-studenti che non capivano le ragioni per cui una tale modesta, conciliante e meritoria opera non fosse in alcun modo desiderabile in una ricca e suppostamente ospitale città abitata dai discendenti di viaggiatori infaticabili.

La realtà, come è noto, è più ricca di fantasia dell'immaginazione; non solo non si è realizzato quel piccolo insieme di misure ospitali (l'ospitalità presuppone anche un'attitudine generosa verso chi non spende, come i poveri fraticelli di Francesco che non portavano denari: nella lunga serie di aggettivi denigratori riportati dai giornali il più ricorrente dopo "sporchi" - do you remember?: "sporco negro", "sporco drogato", "sporco ebreo", "sporco italiano", "sporco muso giallo"- era invece "non spendenti") ma contro i sacchi a pelo è iniziata la mobilitazione.

Emulo di Giovanni d'Austria e armato dell'affilato rasoio dicotomico della scepsi catalaniana ("è molto meglio una città pulita, di gente perbene, turisti con monete forti piuttosto che una città con marocchini, scippatori e scrofolosi") è sceso in campo l'assessore al turismo, uno degli amministratori che noi cittadini veneziani che non godiamo di rendite parassitarie sui flussi turistici più amiamo per le doti di efficacia ed efficienza dimostrate nel cancellare, in una sola stagione, la chiassosa e invadente presenza di "stranieri" plebei dalle calli veneziane in occasione del Carnevale, che già nei secoli passati si era caratterizzata come festa di piccole élite raffinate e che solo in recenti anni "questa generazione mantenuta nel benessere" ha preteso di considerare come una festa praticata en plein air, una sorta di "mondo alla rovescia".

Ora cosa mai vorrà fare Mario Catalano, assessore al turismo, con questo provvedimento miscuglio incomparabile di banalità, perbenismo razzista e servilismo verso i bottegai-rentiers?

Ce lo chiediamo perche "per solito l'uomo quando ode parole crede che nascondano necessariamente pensieri", come osserva Mefistofele.

Suvvia! Si sa che non si debbono gettare cartacce per terra; o le sostanze inquinanti in laguna) e ben farebbero i vigili a multare coloro (turisti e no) che lo fanno, compresi gli autoctoni che fanno volare i sacchetti d'immondizia dalle finestre nei canali; si sa che pisciare sulle colonne non ista bene e ben farebbero i vigili pertanto a tutelare la igiene pubblica, in parte anche insidiata da escrementi di cane tuttavia, e certo non tutelata dalla rarità di cessi pubblici e dal malcostume di molti esercenti che chiudono le toilette dei loro locali.

Suvvia signor sindaco, lei che è allievo del ministro più intelligente della nostra Repubblica (quella italiana intendo), mi meraviglio. Con un po' di ferme e discrete pressioni poteva ridurre sommessamente i modesti disagi provocati agli onesti cittadini dal popolo dei saccoapelisti , senza clamori e proclami repressivi e senza appiattire la sua immagine sulle iniziative dissennate di qualche suo collega meno fortunato. E sì che mi aspettavo qualcosa, dopo la accuse, ingenerose seppur non del tutto immotivate di immobilismo rivolte ai comunisti: non so? Ci vuole l'Expo, la metropolitana, una rete fognaria (non sarebbe una sfida tecnologica degna del 2000 quella di una Cloaca Maxima, già vanto e onore dei re di Roma? Per potersi bagnare tranquillamente nei canali?), un Beaubourg all'Arsenale. Ma qualcosa di grande sì per questa Venezia ci vuole e lei pareva saperlo.

Dunque cosa c'è sotto? I residenti a Venezia "centro - storico" (le virgolette ci sono pour cause) possono essere suddivisi in tre grosse categorie facendo riferimento all'attività economica ormai quasi esclusiva della parte insulare: non percettori di redditi legati ai flussi turistici (tra essi ricchi e poveri, acculturati e no), percettori di redditi prevalentemente legati ai flussi di turismo residenziale, più d'élite ancorché ormai non necessariamente "colto", percettori di redditi legati ai flussi di turismo pendolare, alla "mordi e fuggi" (le temutissime "orde" precedute da ombrellini multicolori che intasano calli e vaporetti).

Noi poveri residenti non turistici (residenti - residenti RR) paghiamo del turismo solo i costi (prezzi alti, disagi nei trasporti, offerta orientata ai turisti e così via), mantenendo, nonostante occasionali irritazioni, in generale un comportamento civile e tollerante (turisti lo si diventa a turno tutti), ma siamo residuali, 20.000 "estranei", provvisori e negletti; sarebbe come se a DisneyWorld vivessero stabilmente (anche di notte) delle persone: spente le luci delle giostre diventerebbero padroni di un mondo fantastico e muto, fascinoso sì, ma non troverebbero dove bere una birra. Di giorno cercheremmo di scappare o di nasconderci, stranieri nella città non più nostra. Tra qualche anno saremo ancor meno e solo "intellettuali" maniaci e malati di nostalgia: già da ora non contiamo niente o quasi (questo, ahimè, ci diceva anche VAGUE).

Gli altri due gruppi (residenti che sfruttano il turismo stanziale RS e Residenti che sfruttano il turismo-pendolare RP) sembrerebbero avere interessi non coincidenti, sicché ci si potrebbe aspettare una qualche conflittualità, una concorrenza, una dialettica tra essi. Tuttavia dentro questi gruppi (tutti i componenti dei quali sono ad alto reddito) prevalgono quelli che potremo chiamare bottegai-rentiers. I mercanti sono stati tra i protagonisti della nascita dell'era moderna, il commercio, la concorrenza e il rischio che spesso lo caratterizzano, ha una sua oscura grandezza, ma a Venezia non di commercio si deve perlopiù parlare, bensì di "rendita di posizione": i flussi ci sono comunque, la gente compre comunque, mangia comunque: non è un caso che il rapporto qualità/prezzi sia a Venezia il peggiore d'Europa nel settore della ristorazione e alberghiero: si può mangiare male anche spendendo 100.000 lire.
I redditieri del turismo polemizzano tra di loro solo per gusto e per autogiustificazione (i pochi che hanno il senso del pudore vorrebbero riqualificare l'offerta e pensano anche seriamente a questo, senza però rendersi conto che questo ha un prezzo).

La campagna di Catalano fa parte di una vera recita, cui si aggiungono dosi massicce di incultura, pressapochismo, spirito ipocrita a benpensante: si vuole lasciare che i padroni della città possano fare il loro comodo senza scrupoli e senza sensi di colpa.

Ben altro ci vorrebbe. In primo luogo fare di Venezia insulare un vero centro storico. Una cosa è che 100.000 turisti arrivino in un giorno in una città di 500.000 o di 50.000 anime: in realtà la terraferma e la parte insulare sono oggi separate e indifferenti. A tutt’oggi Venezia non è percepita e non è il centro di gravità della vasta conurbazione di terraferma, per molte ragioni tempi e difficoltà d'accesso, prezzi, servizi ed attività culturali tutti concepiti per il "mondo", mai per l'hinterland, scarsa vitalità.
Senza pensare (ed anche senza rifiutarsi di pensare) ad una metropolitana, servizi di treni ed autobus tipo shuttle 24 ore su 24, interscambio di attività e servizi, sistemi informativi telematici, decentramento della sedi culturali e universitarie, ricostituzione di attività produttive avanzate nella parte insulare, questa è una gamba di un progetto sensato per salvare Venezia; l'altra, di cui non parlerò, è una politica della casa e delle destinazioni d'uso, che si ponga un obiettivo serio e mobilitante di almeno 100.000 residenti al 2.000.

I poveri saccoapelisti sono innocenti a rischiano di pagare come capri espiatori colpe che non hanno. Catalano vorrebbe scaricare su di loro stanchezze e risentimenti dei veneziani. Ma loro non ci danno proprio fastidio. I fastidi sono dati dalla monocultura del turismo, spesso avido e indecente. Ridateci una città, non un baraccone da luna park con imbonitori sbracati, e i turisti non gireranno più in mutande e berremo una birra a mezzanotte e potremo cadere nei canali nelle lunghe notti della allegra e internazionale nuova movida veneziana.