venerdì 2 maggio 2014

Cinque anni fa moriva mia mamma Elisa

Mia mamma Elisa ha attraversato tutto il “secolo breve”: è nata poco dopo la fine della Grande guerra nel Gennaio del 1919.
Era una donna del popolo, figlia di mezzadri (e la vita dei mezzadri era dura anche quando la ricordo io che andavo negli anni ’50 a trovare la nonna e gli zii al podere): ha fatto, come amava dire con un qualche vezzo, la “terza in campagna” e all’età di tredici anni ha dovuto, come amava dire con amarezza ironica, “andare per serva” e come “serva” ha lavorato, lontana dalla sua famiglia, per quasi vent’anni, sino a che si è sposata, la notte di San Silvestro del 1949, partendo subito, quella notte stessa, per la Francia, dove mio padre era emigrato, facendo l’operaio nelle acciaierie: lì io sono nato e lì lei è vissuta per sei anni.
Negli ultimi nove anni è stata invalida e ha progressivamente perso l’autosufficienza: per merito delle molte ragazze, tutte polacche, che l’hanno assistita, era serena e contenta, anche se io scherzando, dicevo che diventava sempre più “citrulla”.
Con le sue assistenti è sempre stata buona e rispettosa.
Come figlio unico, mi ha amato di un amore costante ed eccessivo, mai egoista: tutte le mie amiche e i miei amici erano accolti con generosità e affetto; era contentissima del fatto che ero bravo a scuola, ne era orgogliosa.
Era modesta e prudente, ma non l’ho mai vista chinare la testa o umiliarsi.
Aveva la religiosità poco clericale delle donne del popolo.
Rispettava ed era rispettata.
Non mi ha lasciato un soldo di eredità e le sono grato per questo, e per tutto quello che mi ha insegnato, con l’esempio di una vita degna: un’eredità che niente mi potrà togliere.
La mia mamma Elisa mi manca moltissimo.
Cercherò di essere degno di lei anche se non potrò mai avere tutte le sue doti: per esempio lei era bellissima ed era un’eccellente ballerina.