So che il tema di cui parlerò sarà incomprensibile per la
maggioranza dei miei 12 lettori.
Mi sforzerò di essere breve e semplificherò.
Un disegno scriteriato ha negli ultimi decenni dato colpi
durissimi alla scuola pubblica.
Le Università e quelle del Sud in particolare sono state
penalizzate duramente: hanno perso studenti e docenti, ridotto i servizi per il
diritto allo studio, ridotto gli stipendi dei docenti, aumentato il precariato
Questo attacco – perseguito da tutti i governi – è stato
coperto da un’ideologia vuota e ossessiva, quella che ha portato alcuni a
parlare di una presunta “cultura della valutazione”.
L’apparato tecnico messo insieme per giustificare i tagli è
poi diventato un “golem”, ha preso vita propria sino al delirio.
È stata fondata un’Agenzia, chiamata ANVUR, che presiede
alle scelte politiche e culturali per l’Università del nostro paese, mettendo
in essere rituali esoterici: uno di questo che si ripete periodicamente si
chiama VQR.
È del tutto evidente che una misurazione dei risultati della
ricerca è opportuna, e che – con qualche prudenza – questa misurazione può
essere usata per una valutazione della sua qualità.
Come è del tutto evidente – e chi mi conosce sa che l’ho più
volte scritto – che ci sono molte responsabilità dei docenti, a partire dai
professori ordinari, nelle molte cose che non vanno nelle università.
A mio avviso una misurazione dei risultati della ricerca si
può fare in modo relativamente semplice, visto che se si tratta di avere una
comparazione e non un valore assoluto, e questa misurazione è utile.
Meno semplice è valutare la qualità, ma anche questo si può
provare a fare.
Ma non è sensato utilizzare queste valutazioni (di per sé)
per determinare una quota consistente dei finanziamenti che vanno ai diversi
Atenei.
Specie in assenza di strategie e obiettivi di sistema,
specie se non si tratta di risorse di risorse aggiuntive, ma solo di minori
tagli.
La macchina messa in moto per la misurazione / valutazione è
farraginosa, per la sua complessità è piena di buchi e di contraddizioni, non è
- come potrebbe - essere fast and
frugal e viene usata per scopi diversi da quelli dichiarati, in modo
illegittimo.
Alcune migliaia di docenti hanno protestato contro le
riduzione dei loro stipendi determinati dal blocco degli scatti di anzianità (una
misura che solo per i docenti universitari, in tutta la pubblica
amministrazione, avrà effetti per tutta la carriera) che porterà per i più
giovani di loro a tagli complessivi per decine di migliaia di euro: hanno
detto, abbiamo detto che non avremmo conferito i nostri prodotti scientifici
alla valutazione se non si sanava questa grave ferita (i soldi non sono tutto,
ma servono a campare; inoltre hanno un grande valore simbolico). La ferita non
è stata sanata, anche se pare che, in qualche modo da capire stanti i bilanci
delle università, in futuro non verrà estesa ulteriormente.
Con una solerzia a volte gioiosa molti Rettori hanno minacciato i
protestatari con l’argomentazione “se non presenti i tuoi prodotti sarà
l’Ateneo a pagarne il prezzo” arrivando alla quantificazione (del tutto
improbabile ed acrobatica) dell’entità del danno. Alcuni lo hanno fatto con un
sorriso e con una pacca sulle spalle. “ti capiamo, hai ragione, ma sai come va
il mondo …”, altri con il viso arcigno e un tono ricattatorio.
Avrebbero potuto i Rettori, attraverso la loro Conferenza,
mobilitarsi e protestare contro i tagli, tutti i tagli (non inviare letterine,
ma mobilitarsi e protestare)?
Avrebbero potuto, ma solo in astratto perché se è passata la legge 240/2010 (la legge Gélmini) è solo merito della Conferenza dei Rettori, che le ha dato l’appoggio decisivo.
Avrebbero potuto, ma solo in astratto perché se è passata la legge 240/2010 (la legge Gélmini) è solo merito della Conferenza dei Rettori, che le ha dato l’appoggio decisivo.
Quindi non l’hanno fatto.
Anche se qualcuno di loro almeno ad alzare la voce e a porre
il problema ci prova, come sta facendo l’Ateneo di Cagliari in questi giorni.
Le minacce hanno in sostanza funzionato.
Ma poiché la decisione del conferimento dei prodotti è dei
Dipartimenti e degli Atenei, almeno una cosa la possiamo fare: inserire
l’elenco delle pubblicazioni nei siti dove siamo tenuti a metterli e che poi
peschino di lì quelle che vogliono che siano valutate.
Per cui ho mandato al Direttore del mio Dipartimento questa
lettera (che è quella che molte migliaia di docenti presentano in tutta Italia),
non so quanti miei colleghi mi seguiranno, ma con uno dei miei filosofi preferiti, ripeto: dixi et salvavi animam meam.
Gentile Direttore,
con la presente ti comunico che non intendo prendere
parte attiva alle procedure relative alla VQR 2011-2014. Ritengo infatti che la VQR sia profondamente errata e
sostanzialmente dannosa per le distorsioni che sta inducendo nei comportamenti
degli studiosi, nell’equilibrio tra attività didattiche e di ricerca, nella
distribuzione del Fondo di Finanziamento Ordinario. In particolare i risultati
della VQR sono anche utilizzati per giustificare la compressione selettiva
dell’università pubblica, con ricadute particolarmente drammatiche per gli
studenti del Sud dell’Italia e per i precari della ricerca.
Secondo quanto indicato nel bando VQR dell’Anvur del 11
Novembre 2015 (pag. 7), è l’istituzione di appartenenza che seleziona i
prodotti in un “insieme suggerito da ciascun addetto”. Visti anche i
criteri adottati dal GEV della mia area, non sono in grado di svolgere la
scelta con un livello di accuratezza tale da garantire di non danneggiare
l’ateneo. Di conseguenza non posso che indicare la mia intera produzione del
periodo interessato come insieme dal quale estrarre i prodotti richiesti.
Tale lista è già disponibile nel sito CINECA.
Considero così conclusa la mia attività riguardo
alle procedure VQR 2011-2014, ed autorizzo il Dipartimento e l’Ateneo ad
accedere ai dati senza alcun mio ulteriore intervento ed operare la scelta.
Ti invito a trasmettere agli organi rappresentativi
dell’ateneo questa mia posizione, che condivido con migliaia di colleghi in
Italia. E al contempo sottolineo l’opportunità che tu ribadisca agli stessi
organi che, data la natura dell’esercizio di valutazione come definita
nell’art. 1 del DM 27 giugno 2015 n. 458, i risultati individuali della VQR non
dovranno essere utilizzati per qualsiasi procedura che abbia ad oggetto le
retribuzioni, la programmazione e le progressioni di carriera, l’assegnazione
di fondi di ricerca interni, la possibilità di accedere a cariche
accademiche ed organi quali i consigli di dottorato di ricerca.
Cari saluti.